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Al Teatro al Parco di Parma debutta «Sasso» di Allegri e Bercini, la forza degli oggetti prende la scena

Quanta forza, quanto potere hanno gli oggetti? La domanda è generata da una luminosa frase di Gianni Rodari che è tra le “fonti” di «Sasso», la nuova creazione di Marina Allegri e Maurizio Bercini, lui anche performer in scena, primo capitolo di una trilogia, «Oggettivo», prodotta dal Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti. Lo spettacolo, rivolto ad adulti e bambini dai 6 anni, va in scena in prima nazionale al Teatro a Parco di Parma l’8 dicembre alle 16.30 (a seguire, alle 18, torna «The Barnard Loop», una creazione di «magie nouvelle» della Compagnia Dispensabarzotti). Come ci raccontano gli effetti delle onde generate nell’acqua, la sabbia rimossa del fondale e tutti gli altri oggetti obbligati ad abbandonare la loro immobilità o la loro pace in una celebre pagina della «Grammatica della fantasia», il sasso è, come la parola, un metaforico agitatore di stagni, un potenziale generatore di cambiamento. Gli oggetti, anche i più comuni e perfino “brutti”, possono generare storie e creare bellezza. E dunque, chi incontri teatralmente un oggetto sulla propria strada può interpretarlo e viverlo, come fa «Sasso», come un catalizzatore di avventure e di esperienze, un generatore di narrazioni e di miti, uno strumento creativo e di liberazione umana.

Come dice il Matto a Gelsomina ne La strada di Fellini, nell’altra frase-manifesto di questo lavoro, «Non lo so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Anche tu servi a qualcosa». Ed ecco che in questo spettacolo è proprio un oggetto, un sasso, a rappresentare l’incontro fatale, l’incontro del destino di ogni romanzo di formazione, per Bambino, un fanciullo talmente povero che non ha nemmeno un nome, ma ha una forza nascosta e un segreto: la sua rivoluzione è dentro quel sasso. La storia di Bambino e di Sasso è come la trama parallela, sorgente, sotterranea e riaffiorante, in una scena circolare sparsa di pochi oggetti, che generano un girotondo di narrazioni e di azioni, innescate dalla potenza dell’oggetto nell’essere se stesso, nel non diventare altro da sé. E che, se qualcuno sa guardarlo, può tradurre in atto la sua potenzialità, vita, esperienza, come gli oggetti invisibili e nascosti e addormentati nello stagno di Rodari: la barchetta, la ninfea, il galleggiante. Può innescare miti e leggende, per connessioni di significati, parole, suoni, immagini, dalla contesa tra Achab e la Balena a quella tra Davide e Golia, il fanciullo che sconfigge il gigante dei Filistei e libera il suo popolo con il coraggio e la fede. Può innescare, per associazione di idee e per analogie, impetuose e generose proteste contro le ferite inferte dall’uomo alla Natura. Può far spaccare una noce rendendola mangiabile, e il bambino lo scopre facendone esperienza, provando prima a romperla coi denti. «L’idea – racconta Maurizio Bercini - è di raccontare con gli oggetti senza aver bisogno di nulla come scenografia. L’unica scenografia vera è un sasso. In scena interagisco con gli oggetti come se fossi io il movimento che il sasso produce, le onde concentriche che si allargano. Io ho provato ad allargare le mie vedute come fanno gli oggetti mossi dal sasso rodariano. Il desiderio è di provare a raccontare con pochi oggetti, una paletta, un secchio, una barchetta di carta, senza dover per forza contestualizzarli in un ambiente». Informazioni e biglietteria al Teatro al Parco: .
 


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